“Oh, my Klaus”
di Kara J. Kells/Aura Conte
Genere: Commedia romantica/Romanzo Rosa/Festività
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KJK è uno pseudonimo di Aura Conte.
© Copyright 2019 Aura Conte – Tutti i diritti riservati.
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CAPITOLO 1
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Ricapitoliamo… frutta: comprata, appuntamento per il controllo alla centralina elettrica dell’auto: preso, foglio del permesso per la partita del prossimo weekend: firmato.
Cosa manca da fare questa settimana? La carne, sì… controllare online delle ricette per i biscotti da preparare per la fiera della scuola di Natale, chiamare zia Betty in Florida, le luci per l’albero visto che quelle dell’anno scorso sono andate a fuoco…
Uhm… Cosa mi sto dimenticando? Pensa Josie, cosa ti sta sfuggendo? mi domando, fissando la lista settimanale nel planner appoggiato al volante dell’auto.
Fuori da quest’ultima? Neve.
Colline di neve, cunette di neve, panchine ricoperte di neve!
Neve, ovunque!
Tuttavia, ci sono posti ben più innevati in questo momento di Brownhill in Wisconsin, una minuscola cittadina confinante con il Minnesota.
In fondo, sarebbe stato peggio vivere in North Dakota, lo stato più freddo di tutti gli Stati Uniti. Almeno qui da noi d’estate c’è il sole per qualche settimana e possiamo andare a Yellow Lake, a illuderci che il nostro lago sia una bella spiaggia vista oceano.
«Josie! Josie Green!» avverto all’improvviso strillare più volte il mio nome con una voce stridula e insopportabile.
Faccio finta di non averla sentita, ma quando a tali urla si aggiunge un ticchettio sul finestrino, abbasso quest’ultimo controvoglia e fisso il volto della donna che ormai detesto da anni. Colei che infesta i miei peggiori incubi con i suoi gridolini e sorrisetti da sono migliore di te, fin dai tempi del liceo.
Lei, Sarah Thomas, una ex studentessa modello due anni più grande di me, bionda, ora madre perfetta e presidentessa del consiglio dell’unica scuola di tutta la città… carica che lei vive come se fosse il presidente degli Stati Uniti d’America.
Solo che il suo maggiore desiderio è erigere un muro per dividere i giardinetti pubblici dal cortile dell’edificio scolastico.
«Sarah…» la saluto, sforzando un sorriso, mentre avverto il freddo secco cominciare a congelarmi naso e faccia.
«Non hai sentito? Ti ho chiamata più volte!» mi rimprovera, nemmeno fosse mia zia Betty. «Anche tu in anticipo? Credevo che il tuo giorno libero fosse il giovedì.»
Come diavolo fa a sapere quale sia il mio giorno libero?
«Ho preso due giorni di ferie per andare a trovare mia zia Betty» mi giustifico, inventando una scusa, anche se non dovrei. Non sono affari suoi!
«Adesso abita in Florida con il suo nuovo fidanzato, non è vero?» replica, con una strana espressione dispiaciuta e di circostanza.
Vorrei risponderle: “fatti i cazzi tuoi…” ma purtroppo, un attimo dopo, vengo interrotta dalla campanella della scuola.
«Matthew, sono qui!» strillo in direzione della scalinata.
Una peste di cinque anni e mezzo dai capelli lisci e biondi corre verso di noi, seguita da altri due bambini.
«Mamma, guarda!» dichiara mio figlio appena mi vede, mostrandomi uno scarabocchio con una S al centro. «Superman!»
«Forse, dovresti fargli frequentare dei corsi di disegno… lo ha fatto anche Mrs. Dibson con suo figlio e ora ha tutte B in pagella. Disegna dei bellissimi paesaggi e ha soltanto sei anni» commenta Sarah con aria altezzosa.
«Tesoro, sei in prima elementare da tre mesi, vuoi fare un corso di disegno come il tuo amico Timothy?» domando a mio figlio.
«Bleah! Timothy odia disegnare e sua madre è una strega posh!» risponde lui per entrambi, mentre scaraventa il suo zaino in macchina e salta su.
«Che selvaggio!» si lamenta Sarah sottovoce, mentre io… pessima madre, godo per la risposta della mia peste.
Ah, come sta venendo su bene!
«Addio Sarah…» accenno ma lei mi blocca all’istante.
«Aspetta!» esclama con fare drammatico.
La fisso in silenzio, chissà cosa diavolo vuole dirmi adesso.
«Io e le altre madri dei pulcini dell’hockey abbiamo deciso di portare l’intero gruppo al centro commerciale. Come ben sai, ogni anno viene allestito il villaggio di Santa Claus.»
«Non è un po’ presto per certe cose? Voglio dire, è soltanto il 2 Dicembre…» le spiego e come risposta ricevo un’espressione indignata.
«Certo che no! Questo mese ci saranno: la recita, i canti alla chiesa di Saint George e la fiera di beneficenza. I bambini saranno impegnatissimi e questo è l’unico weekend libero!» mi informa con tono di disapprovazione, strillando il suo discorso di fretta.
«Vuoi andarci?» domando a Matthew, seduto nel sedile posteriore dell’auto.
«Uh» ricevo come risposta da Matthew.
«Okay…» sussurro, spaventata dalla reazione che la donna davanti a me potrebbe avere.
«Ti invio tutte le informazioni con un messaggio, allora!» Sarah dichiara felice, mentre sfodera all’istante il suo miglior sorriso da copertina.
Metto in moto la mia auto e mi allontano da lei, la quale mi saluta da lontano come un’aspirante reginetta di un concorso di bellezza… come se non mi volesse strozzare, fino a cinque minuti fa.
Fa tanto film dell’orrore.
Bipolare? Schizofrenica? Narcisista?
No, molto di più.
Madre e casalinga sempre perfetta!
Grazie al cielo, Sabato sera ho l’appuntamento con Annabelle e Terry… l’alcool sarà un ottimo rimedio, dopo due ore con Sarah e tutte le mamme della squadra di hockey di Matthew.
Già posso immaginarlo, sarà un lungo… lunghissimo… interminabile pomeriggio all’Inferno.
«Mamma, la signora Thomas mi fa paura» mormora mio figlio, fissando dietro le sue spalle.
«Anche a me, tesoro… anche a me!»
CAPITOLO 2
***
2 Dicembre, Inferno.
Ok, non esattamente ma ci siamo molto vicini.
Io e Matthew abbiamo appena messo piede all’interno del centro commerciale mano nella mano, dopo che ho perso più di un’ora al telefono con mia zia Betty. O meglio, la donna che mi ha cresciuto da quando avevo tre anni, quando i miei genitori sono morti.
A quanto pare, sebbene stia abitando a casa del suo nuovo fidanzato, auspica che un giovane giardiniere diventi il suo toyboy prima di Natale.
«Mamma, mamma! Andiamo a comprare le patatine!» strilla Matthew, strattonandomi verso il suo fast food preferito all’interno dell’edificio.
«Non possiamo farlo ora. Prima Santa Claus, poi il cibo!» dichiaro ma dopo pochi attimi, mi rendo conto che Matthew dovrà aspettare un bel po’ per le sue amate patatine.
Appena voltato l’angolo, appare davanti a noi una lunghissima fila.
Decine e decine di persone sono ferme in mezzo al centro commerciale, intanto che dagli altoparlanti non smettono di provenire canzoni natalizie ad alto volume.
«Forse è appena stato messo in vendita un nuovo cellulare…» abbozzo, fin quando non mi rendo conto della massiccia presenza di bambini.
«Wow!» esclama mio figlio, seguendo con lo sguardo la tanta gente.
«Mi scusi, come mai questa fila?» domando a una madre ma vengo interrotta.
«Josie! Josie! Siete in ritardo!» urla Sarah Thomas venti metri più avanti, rimproverandomi… come sempre.
«Questa è la fila per Santa Claus?» mi chiede sconvolto mio figlio… se solo sapesse quanto lo sia anche io.
Dio mio, non usciremo da questo posto prima di tre giorni!
«Tesoro, vuoi ancora quelle patatine?»
«No! Voglio sedermi su quello, mamma!» afferma mio figlio, puntando con occhi incantati un gigantesco trono in lontananza, in questo momento vuoto. «Sembra quello del Trono di spade!»
Un attimo dopo, avverto la sua mano distaccarsi dalla mia e lo vedo correre in direzione del villaggio di Santa Claus senza smettere di indicarmi il “trono”.
«Josie Green!» strilla di nuovo Sarah, questa volta a un metro da me.
«Dio fermami dal commettere un omicidio…» biascico a bassissima voce per non farmi sentire.
«Che cosa hai detto?» domanda Sarah.
«Buon pomeriggio» rispondo, sfoderando un sorriso forzato. Fortuna che non ho realizzato il sogno di diventare un’attrice di musical. Sarebbe stato un flop.
«Vieni, è quasi arrivato il turno del nostro gruppo… siamo qui da due ore per incontrare Santa Claus!» afferma e nel suo tono di voce avverto una certa eccitazione.
Perché una madre dovrebbe essere così felice di incontrare Santa Claus? Siamo venuti qui anche l’anno scorso, non è la prima volta.
Cammino verso il gruppo, senza perdere di vista Matthew. Il quale sta parlando con un elfo, mentre stringe il cordolo di divisione in stile candy cane.
Nel frattempo, controllo il piccolo villaggio di Santa Claus. Rispetto agli anni passati ci sono soltanto due nuove aggiunte… il trono e un grande pupazzo a forma di renna. Per il resto, sembra che abbiano deciso di utilizzare tutti gli addobbi accumulati nel corso del tempo.
C’è una piccola casa, una slitta, molte sacche con dei regali, un grande albero di natale dietro al “trono”, un tavolo pieno di dolci natalizi e dei pupazzi a tema.
«Signora Thomas, l’aspetto domani per le prove dei canti di Natale…» dichiara padre Finley, mentre cammina di fianco alla lunga fila.
«Come potrei mai dimenticarlo!» replica lei, in apparenza divertita… nel profondo un po’ meno, visto che appena lui si allontana, Sarah alza gli occhi al cielo.
Il povero prete della chiesa di Saint George si è appena fatto un nemico e nemmeno lo sa, solo per aver osato ricordare qualcosa alla donna perfetta di Brownhill.
«Scusate, come mai c’è così tanta fila?» domando alle mamme dei pulcini della squadra di hockey, incuriosita.
All’istante, due di loro iniziano subito a ridacchiare tra di loro, come due adolescenti in crisi ormonale.
In seguito, una signora e una sua amica dietro di noi mi fissano e spettegolano.
Le altre non hanno grandi reazioni, ma sorridono e mi fanno cenno di controllare alla mia sinistra.
Confusa, sposto lo sguardo verso la direzione indicata. Che diavolo sta accadendo e perché nessuno mi sta rispondendo come un adulto?
Controllo con attenzione alla ricerca di risposte e poi lo noto. C’è un uomo molto alto girato di spalle, impegnato a parlare con un addetto alla sicurezza basso e tarchiato.
L’uomo di spalle ha indosso una giacca rossa e un paio di pantaloni dello stesso colore. Non comprendo il motivo di tanto scalpore, fin quando non si volta verso di noi… e me.
«Oh mio…» biascico, scrutando l’uomo a pochi metri da me.
Nella mia mente Jingle bells rock, che sta provenendo ininterrottamente da diversi minuti in tutta l’area, viene fermata e sostituita da Sweet Dreams… versione strip club.
Lui compie qualche passo in avanti, continuando a parlare con la guardia e io non riesco a togliergli gli occhi di dosso.
Santa Claus non ha più di trent’anni… è alto, bruno, con gli occhi verdi, un viso d’angelo e un’ombra di barba che dà quel tocco in più al pacchetto sexy.
Inoltre, la sua giacca del tutto sbottonata mostra una t-shirt scura con scollo a V, tanto attillata da lasciar intravedere i suoi addominali perfetti e scolpiti.
In un istante ripenso ai Santa Claus della mia infanzia… una sfilza di vecchi barbuti, un po’ scorbutici e anche ubriachi.
Subito dopo, comprendo l’eccitazione e la presenza di così tante madri in fila già dal 2 Dicembre, per incontrare Santa Claus.
«Lo ricordavo più vecchio…» osserva Matthew, il quale si avvicina a me.
«Tesoro, questa è la magia del Natale… lui può tutto, anche ringiovanire e invecchiare in poche ore» replica subito la signora Dibson, anche lei madre di uno dei pulcini.
«Come nel film di Santa Claus!» strilla Timothy Dibson, suo figlio, eccitato per aver davanti agli occhi la prova che la magia esiste davvero… e che magia!
Tuttavia, nel farlo, l’attenzione dell’uomo in questione si sposta velocemente su di noi e in un attimo, lo sguardo di Santa Claus si ferma su di me.
Dio mio, sembra uscito da un film porno a tema natalizio! Penso e ormai in preda ai miei ormoni, rimango bloccata.
I bambini intorno a noi iniziano a fare chiasso e ad avvicinarsi ai cordoli divisori a decine, eccitati per la presenza di Santa Claus.
In pochi istanti si scatena un putiferio, ci sono madri che urlano ai piccoli di stare fermi, altre di correre da lui per fare un selfie.
Nel pieno del momento di confusione, Santa Claus mi sorride divertito (molto probabilmente per colpa della mia non-reazione) e mi fa l’occhiolino.
«Mamma!» strilla mio figlio mentre mi strattona, anziché avere la stessa foga dei suoi coetanei.
«Sì, Matthew» biascico ancora confusa.
«Voglio andare via! Non sono pronto!» dichiara preoccupato mio figlio.
Subito torno in me, grazie al suo tono di voce.
«Mamma, ti prego…» implora, sgranando gli occhi.
Lo guardo per qualche secondo, dimenticando del sexy Santa Claus.
«Sei sicuro? Non vuoi incontrarlo ora insieme ai tuoi amici?»
«Ti prego, andiamo…» continua, cominciando a strattonarmi via per una mano.
Sposto lo sguardo verso le mamme vicine a noi e poi verso Santa Claus, il quale continua a fissarmi mentre sta provando a placare la folla.
«Scusateci» mi giustifico con le altre mamme e poi, mi faccio trascinare via da mio figlio.
«Andiamo!» dice più volte, fino a quando non arriviamo alla nostra macchina.
Matthew sale in fretta e furia e si allaccia le cinture, intanto che la neve comincia a fioccare.
«Perché sei voluto andare via di colpo? Credevo che volessi sederti sul trono di Santa Claus…» affermo, provando a comprendere il motivo della sua reazione.
«Voglio farlo… ma c’era troppa gente e per colpa loro, il mio incontro sarebbe durato poco» risponde pensieroso, guardando fuori dal finestrino.
«Ehi, tutto bene?»
«Devo chiedere delle cose importanti a Santa Claus, ma così non posso farlo» sbuffa deluso.
«Cosa vuoi chiedergli?»
«Non posso dirtelo, devo parlare da solo con lui…» mi zittisce.
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